Next level

POMERIGGIO, ORE 18:00

Dopo un turbolento pomeriggio trascorso tra gare di macchinine, scontri, corse a cavallo del suo furgoncino, salti sul letto e ginnastica a suon di musica, io e Gian Burrasca sprofondiamo, stanchi e felici, tra i cuscini del divano. Lui si impossessa immediatamente dell’i-Pad.

Gian Burrasca (passando il ditino sullo schermo): mamma?
io (conoscendo già l’argomento della domanda): sì tesoro?
Gian Burrasca (avvicinandomisi in cerca dell’abbraccio): facciamo un gioco?
io (stringendolo a me): va bene. Quale vuoi fare?
Gian Burrasca (scegliendo Ragdoll Blaster): quello coi pupazzetti…
io (prendendo l’i-Pad e dando avvio al gioco): ok…

Per un po’ andiamo speditamente avanti nel gioco. Ad essere più precisi, lui gioca con grande abilità e io mi limito a guardarlo e ad applaudire i suoi successi. A un certo punto, però, uno dei livelli sembra metterlo in difficoltà.

Gian Burrasca (restituendomi l’i-Pad): mamma? Mi aiuti?
io (prendendo l’oggetto tra le mani): …
Gian Burrasca (osservandomi attentamente mentre ricarico il livello e inizio a sparare pupazzetti alla rinfusa): …
io (cercando di capire come fare a raggiungere il bersaglio): …
Gian Burrasca (continuando a studiare il gioco): …
io (tentando in tutti i modi di comprenderne il complicato meccanismo): …
Gian Burrasca (aggrottando pensieroso la fronte): …
io (iniziando ad innervosirmi): …!!!…

Dopo svariati, inutili tentativi, chiedo a Gian Burrasca una pausa per placare le mie ire. Il piccolo si impadronisce nuovamente dell’i-Pad e ricarica il gioco. Io sparisco in cucina a prepararmi un caffè. Dopo qualche secondo…

Gian Burrasca (dalla sua postazione): MAAAMMAAA!!!
io (ancora col cucchiaino in mano): dimmi tesoro…
Gian Burrasca (con voce allegra): VIEEENIII!!!
io (avvitando la moka): arrivo… un attimo!
Gian Burrasca (insistendo): VIENI PRESTOOO!!!
io (accendendo la Alicia e correndo poi in soggiorno): eccomi… che succede?
Gian Burrasca (mostrandomi orgoglioso l’i-Pad): guarda… livello superato!!!
io: …

Play!

POMERIGGIO, ORE 18:00

Dopo aver fatto una lunga passeggiata in città, io e Gian Burrasca torniamo esausti a casa. Dopo aver lottato con lui per qualche minuto per riuscire a cambiarlo, essermi rinfrescata, aver indossato la tuta da casa, aver messo ordine tra i vestiti e aver riposto la spesa, finalmente crollo sul divano. Gian Burrasca è già lì che armeggia con l’i-Pad.

Gian Burrasca (sfogliando tra le schermate dell’i-Pad): mamma?
io (muovendomi impercettibilmente in modalità “bradipo stanco”): sì tesoro?
Gian Burrasca (scegliendo un’icona e cliccandoci sopra): fai un gioco con me?
io (sospirando mestamente): …va bene. Scegline uno.
Gian Burrasca (avvinghiandosi a me come un koala al suo albero preferito): questo!
io (guardando controvoglia lo schermo): ma tesoro… quello è difficile! Scegline uno un po’ più semplice!
Gian Burrasca (aspettando pazientemente che l’App si apra e cliccando quindi su “Play”): MANNOOO MAMMAAA!!! Non è difficile!
io (cliccando a casaccio sulla schermata e riuscendo a far comparire la dicitura “Failed!” nel giro di pochi secondi): vedi amore? È difficile! La mamma non sa farlo! A dire il vero non ho neppure la benché minima idea di COSA si debba fare!
Gian Burrasca (riappropriandosi dell’i-Pad e guardandomi con aria compassionevole): ma mamma… ti insegno io!
io (replicando con un’occhiata vagamente ironica): …
Gian Burrasca (cliccando qua e là con precisione e cognizione di causa): …
io (osservandolo con attenzione): …
Gian Burrasca (arrivando in breve alla vittoria e mostrandomi orgoglioso il risultato): ecco mamma! Hai visto coNe si fa?
io: !!!

Qui Hogwarts

POMERIGGIO, ORE 16:00

Sono all’asilo per prendere Gian Burrasca. Mentre cerco di bloccare una sua corsa scalmanata per infilargli la felpina, la maestra mi fa cenno di aspettare perché vuole parlarmi. Nell’attesa finisco di prepararlo per uscire.
Quando finalmente tutti sono andati via, la maestra si avvicina a noi. Gian Burrasca sembra preoccupato.

Gian Burrasca (tentando di sgattaiolare): …
maestra: allora… cos’è che devi dire alla mamma?
io:?
Gian Burrasca (ostentando indifferenza): …
maestra (accucciandosi accanto a noi): …allora?
io: tesoro?
Gian Burrasca (nascondendo la bocca nella sciarpa): …hgajhsgd hsgjah shjakjhd…
maestra (guardandolo con aria di rimprovero): beh?
io (cercando di decifrare parole inintellegibili): eeeh?
Gian Burrasca (provando ancora a sfuggire alla mia presa): …niente…
maestra: come niente?!?
io: tesoro? Allora! Mi racconti?
Gian Burrasca (piantando il muso): …no!
maestra: va bene… allora lo racconto io alla mamma…
io (guardando Gian Burrasca dritto negli occhi): ???
Gian Burrasca (preoccupatissimo): …mamma?
maestra: allora…
io: …
Gian Burrasca (consapevole dell’ineluttabilità del suo destino, ma deciso a fare un ultimo tentativo): …mamma… andiamo via da questa scuola STREGATA!!!
maestra: !!!
io: !!!

P.S.: si dice che la mela non cada mai troppo lontano dall’albero…
Tra i 5 e i 7 anni frequentai, nella mia città natale, una scuola gestita da suore. Non nutrendo nei loro riguardi una grande simpatia, convinsi tutte le mie compagne che le suore erano in realtà delle streghe. E costruii, a comprova delle mie affermazioni, una realtà alternativa edificata sulle fondamenta della quotidianità che ci circondava. Fu così che il giardino in cui giocavamo all’intervallo si trasformò nel luogo nel quale il sabato notte venivano organizzati i sabba, il ripostiglio del giardiniere in un ascensore per raggiungere gli Inferi, il laboratorio di scienze la cui vetrata affacciava sul parco nel luogo in cui esse praticavano la magia nera -e tutto ciò che la stanza conteneva non faceva che avvalorare la mia tesi-; ai piani superiori poi, che ci erano interdetti, erano celate celle e luoghi di tortura, i lunghi abiti servivano a celare mostruose fattezze e i veli capelli da Gorgoni, ecc.
P.P.S.: …non mi è dato sapere come simili cognizioni fossero, in così tenera età, in mio possesso. Ma da grande divoratrice di libri di ogni tipo quale sono sempre stata, ho il sospetto di aver letto di nascosto qualche vecchio, strano libro in qualche antica, oscura biblioteca…

Scarpe!

Premessa: sono una donna. E in quanto donna sono geneticamente e prepotentemente affascinata dalle scarpe. È una sorta di versione fashion del cartesiano “Cogito ergo sum”: sono donna, ergo amo le scarpe!
Amarle non vuol dire avere l’irrefrenabile necessità di possederle. Significa semplicemente avere l’incontenibile impulso di guardarle nel momento in cui si passa davanti ad una vetrina che le espone.

MATTINA, ORE 10:30

È sabato, ed io, Lui e Gian Burrasca siamo in procinto di uscire.
Dopo essersi infilato le scarpe, il piccolo corre dal padre.

Gian Burrasca (mostrandogli orgoglioso le scarpette): guarda papà! Ti piacciono le mie scarpe nuove?
Lui (osservando scetticamente il figlio): ?
io (correndogli dietro per infilargli la giacca): tesoro… non sono nuove… è da un po’ che le abbiamo comperate.
Gian Burrasca (continuando imperterrito a sollevare il piedino): sono belle, vero?
Lui (ignorandolo): …
io (accarezzandogli la testa comprensiva): bellissime tesoro!

Finalmente usciamo e ci incamminiamo per il centro cittadino.
Arrivati in prossimità di un negozio, Gian Burrasca corre verso la vetrina.

Gian Burrasca (puntando sorridente il ditino verso la vetrina): …SCARPE!!!
Lui (scrutandolo con curiosità): ?
io (andando a recuperarlo): ehm… andiamo tesoro…

Dopo qualche metro, altro stop.

Gian Burrasca (schiacciando mani e naso contro un vetro): …scarpe!
Lui (fissandolo con preoccupato interesse): ???
io (staccandolo dal suo appiglio): ehm… niente scarpe per oggi, tesoro…

Ancora più avanti, il piccolo si ferma di nuovo.

Gian Burrasca (avanzando cauto verso un negozio): …scarpe…
Lui (sollevando un sopracciglio con velata diffidenza): !
io (bloccandolo prima che raggiunga la sua meta): …ehm… vieni cucciolo?

Altro pezzo di strada. Altra fermata.

Gian Burrasca (continuando a tenermi la mano e indicando l’oggetto del suo interesse): …scarpe?
Lui (manifestando i primi sintomi di fastidio): !!!
io (ostentando indifferenza): …

Ancora…

Gian Burrasca (limitandosi a lanciare una lunga occhiata ad un’altra vetrina): …
Lui (fermandosi improvvisamente e squadrandomi con aria di rimprovero): …ma si può sapere cosa gli hai fatto???
io: …

Questione di ruoli 4

MATTINA, ORE 11:00

Io e Gian Burrasca siamo stesi sul tappeto a giocare con le macchinine.

Gian Burrasca (facendo scontrare due automobiline): WROOOOOMMM MAAAAAM CRASH!!!
io (facendo correre sul tappeto un piccolo mezzo di soccorso): NI-NO NI-NO NI-NO! Soccorso in arrivooo! Portiamo le macchinine dal meccanico!
Gian Burrasca (capovolgendo le auto): sì! Questa macchinina è rotta… bisogna curala! Portiamola dal dottore!!!
io (trasformandomi in un mecca-medico e armandomi di cacciavite e chiave inglese): eccomi! La guarisco subito!
Gian Burrasca (osservandomi mentre armeggio intorno al suo giocattolo): …
io (intenta a simulare un’azione a metà tra l’operazione chirurgica e la riparazione meccanica): …
Gian Burrasca (guardandomi attentamente negli occhi): …tu sei la mia mamma?
io: …certo cucciolo!
Gian Burrasca (continuando a fissarmi con espressione seria): …ma sei anche la mia amica?
io (presa in contropiede): …ehm… beh… certo! Sono anche la tua amica!
Gian Burrasca (riflettendo qualche secondo tra sé e sé): …mamma?
io: dimmi amore…
Gian Burrasca (gettandomi le breccia al collo): …TU SEI LA MIA MIGLIORE AMICA!!!
io: :)))

Questione di “ruoli”

MATTINA, ORE 7:00

Dopo aver sbrigato le solite incombenze del mattino, vado a svegliare Gian Burrasca.

io (aprendo le sarrande e spegnendo le lucine della notte): tesoro… è ora di alzarsi.
Gian Burrasca (muovendosi appena, ancora mezzo addormentato): …
io (prendendolo in braccio): su amore… vieni dalla mamma… andiamo a preparere il latte.
Gian Burrasca (facendosi tirare su in modalità “sacco di patate”): ma perché mi hai svegliato? È ancora notte!
io (avviandomi lungo il corridoio): no cucciolo… non è notte… è giorno. Solo che in questo periodo il sole sorge più tardi.
Gian Burrasca (abbandonandosi mollemente sulla mia spalla): aaaaah! Ho capito!

Passando davanti alla nostra camera da letto, mi accorgo che il piccolo lancia un’occhiata risentita verso il buio, nel quale suo papà si gode l’ultima mezz’ora di sonno.

Gian Burrasca (bisbigliando nel mio orecchio): mamma?
io: sì tesoro?
Gian Burrasca (puntando il ditino verso la stanza): ma perché papà può dormire sempre così tanto?
io: !!!

 

Sophie

Aneddoto di… beh… ormai un paio di anni fa…

POMERIGGIO, ORE 16:00

Come ogni giorno, io e Gian Burrasca siamo al parco giochi a godere del sole primaverile. Tra le mani lui ha il suo flauto, la grande passione dell’ultimo periodo, che a fatica lo convinco a lasciare a me prima di salire su uno dei suoi giochi preferiti: l’altalena.
Dopo qualche minuto di spinte, incitamenti -“PIÙ FOTTE MAMMA, PIÙ FOTTE!!!-, risate e gridolini di gioia, il seggiolino accanto viene occupato da una bella bimbetta bionda e con gli occhioni azzurri, poco più grande di Gian Burrasca, che è al parco col nonno.

bimba (avvicinandosi con infantile leggiadria all’altalena): …
nonno (mettendola sul seggiolino): reggiti forte, Sophie…
Gian Burrasca (ammutolendo improvvisamente e iniziando a fissare la bimba): …
io (seguendo il suo sguardo): ?
bimba (senza degnare Gian Burrasca della minima attenzione): …
nonno (iniziando a spingere l’altalena): brava Sophie! Andiamo forte forte, va bene?
Gian Burrasca (senza distogliere lo sguardo dalla piccola): …
io: …
bimba (sorridendo felice): …
nonno (spingendo con più forza): vola Sophie, vola!!!
Gian Burrasca (assumendo la tipica espressione adorante -e vagamente ebete- degli uomini innamorati): … :) …
io: !
bimba (che neppure si è accorta della sua esistenza): …
nonno: sempre più in alto, Sophieee!!!
Gian Burrasca (tentando disperatamente di muoversi all’unisono con lei): …Sofì…
io (coadiuvandolo, da brava sensale): …
bimba (infastidita dall’eccessiva velocità): BHUAAAAAAAAA!!!
nonno (accorrendo in soccorso): tutto bene Sophie? Vuoi scendere?
Gian Burrasca (agitandosi preoccupato sull’altalena): …Sofì?
io: …
bimba (annuendo grata): bhuaaa… sigh!
nonno (estraendo la piccola dal seggiolino e riportandola finalmente coi piedini per terra): ecco Sophie! Andiamo via allora?
Gian Burrasca (cercando a sua volta di fermarsi): …Sofì!
io (bloccando l’altalena): vuoi scendere cucciolo?
bimba (incamminandosi sul prato): …
nonno (tenendola per mano): …
Gian Burrasca (restando aggrappato alla catena e seguendo i due con lo sguardo): …Sofì…
io: …
Gian Burrasca (girandosi verso di me): mamma?
io: sì cucciolo?
Gian Burrasca (girandosi a guardare il prato davanti a sé): dov’è Sofì?
io: non lo so tesoro… sarà tornata a casa col nonno.
Gian Burrasca (mettendosi in piedi sul seggiolino nel tentativo di scendere): mamma?
io (aiutandolo prima che si spalmi sul selciato): dimmi tesoro…
Gian Burrasca (riappropriandosi del flauto e incamminandosi sull’erba): …dobbiamo tovalla…
io (inseguendolo): perché?
Gian Burrasca (procedendo spavaldo): io devo suonae pe lei!!!
io: !!!

Schroeder

MATTINA, ORE 10:00

Gian Burrasca è a casa dall’asilo a causa della varicella. Non potendo portarlo fuori, ne approfitto per portarmi avanti con un po’ di incombenze casalinghe: stiro.
Il piccolo è seduto sul divano con l’i-Pad in mano aperto su un’App che simula la tastiera di un pianoforte.

Gian Burrasca (sfiorando un po’ di tasti e producendo una melodia che mi ricorda vagamente delle composizioni di Luigi Nono): …
io: …
Gian Burrasca (iniziando a gorgheggiare): la lala lalala LLLLLAAAAAAAAA!
io: …
Gian Burrasca (continuando a suonare e canticchiare): lalala LALA la la la lalalalala LAAAAAAAAAAAA!!!
io: …
Gian Burrasca (fermandosi dopo qualche minuto e guardandomi con aria soddisfatta): mamma?
io: sì tesoro?
Gian Burrasca: io ho composto una musica!!!
io: …

Enchanted

POMERIGGIO, ORE 17:00

Ogni tanto io e Gian Burrasca, all’uscita dall’asilo, andiamo in pasticceria: lui beve un succo di frutta o mangia una fetta di torta, io sorbisco l’ennesimo caffè della giornata.
Oggi siamo capitati in una pasticceria che si trova di fronte al Conservatorio.
Quando usciamo, l’aria è pervasa da una musica straordinaria.

Gian Burrasca (bloccandosi improvvisamente, rapito, in mezzo al marciapiede): …
io (inciampando su di lui): !!!
Gian Burrasca (guardandosi attorno incantato): …
io (osservandone l’espressione estasiata): …
Gian Burrasca (iniziando a sondare l’aria come un piccolo segugio): …
io (sempre più incuriosita): ?
Gian Burrasca (voltandosi verso di me e guardandomi con occhi scintillanti di gioia): mamma…
io: sì?
Gian Burrasca: …questa musica…
io: …
Gian Burrasca: …è meravigliosa!!!
io: !!!

Più veloce della luceee

MATTINA, ORE 11:00

Io, Lui e Gian Burrasca siamo in macchina, destinazione lago.
Mentre stiamo ancora percorrendo le strade cittadine, Gian Burrasca inizia a brontolare.

Gian Burrasca: papà?
Lui: sì tesoro?
io: …
Gian Burrasca: vai più piano!
Lui: ma… più piano di così mi fermo!
io: !
Gian Burrasca: sì… ma vai PIÙ piano, papà!
Lui: sì… va bene…
io: …

Dopo un po’, Lui accelera leggermente per superare un’altra auto.

Gian Burrasca (cantilenando): papààà-ààà… vai più piaaa-nooo!
Lui: ma… STO andando piano!
io: !
Gian Burrasca: sì… va bene… ma vai PIÙ PIANO, papà!!!
Lui (sbuffando): SÌ!
io: …

Dopo un altro po’ imbocchiamo finalmente l’arginale. Lui affronta la svolta in modo forse un po’ troppo… “sportivo”.

Gian Burrasca (seguendo l’andamento della curva con la voce): ooooo OOOOO O O O O O OOOOO ooooo!!!
Lui (impassibile): …
io (simulando l’agente Nebicher sulla macchina di Automan durante le curve ad angolo retto): …
Gian Burrasca (sbottando): insomma papà!!! Vuoi andare PIÙ PIANO?!?
Lui: !!!
io: …