Cuore di mamma 2

MATTINA, ORE 8:30

Dopo aver lasciato Gian Burrasca all’asilo, io e Lui partiamo in macchina alla volta dell’ufficio. Ad un certo punto squilla il suo telefono: è un amico che deve parlargli di alcune questioni di lavoro. Terminata la parte seria della conversazione, iniziano le chiacchiere più ludiche.

amico: senti ma… sono vere tutte quelle cose che scrivete su vostro figlio?
Lui: certo… perché?
amico: beh… soprattutto la parte relativa alla tecnologia è… esilarante!
Lui: eheheh… sì… lo so!
amico: certo che…
Lui: …
amico: …se continua così…
Lui: ?
amico: da grande o diventerà un filosofo, perché non ne vorrà più sapere di computer e roba simile…
Lui: …
amico: …o diventerà un hacker!
Lui: AHAHAH… filosofo o hacker… bella questa!
amico: AHAHAH… sì! Proprio filosofo o hacker! AHAHAH!!!

Dopo i saluti di rito, Lui chiude la telefonata.

io (guardando avanti pensierosa): …
Lui (osservandomi di sottecchi): ?
io: …filosofo o hacker…
Lui: ?
io (guardando verso l’infinito con aria sognante): …ma perché non il futuro Steve Jobs?
Lui: !!!

Problemi di comunicazione

SERA, ORE 18:00

Dopo aver recuperato uno stanchissimo Gian Burrasca dal suo corso di musica e averlo praticamente trascinato mezzo addormentato attraverso la città, approdiamo finalmente a casa. Lo lavo, gli infilo il pigiamino, lo metto a letto. Poi mando un massaggio a Lui: “Quando torni fai piano, perché G.B. dorme”.



ORE 18:10



Gian Burrasca (spalancando la porta della sua stanza): mamma… apro un po’ la porta così sento quando arriva papà!

io: …

Visto che oramai è sveglio come un grillo, lo faccio alzare, gli infilo calzetti e felpa sul pigiama, e lo guido verso il soggiorno in cerca di qualche gioco da fare insieme.

ORE 19:00



Lui (rientrando dall’ufficio): Ciao amore!

io: ciao tesoro!
Gian Burrasca (correndogli incontro): ciao papà
!
Lui (staccandoselo dal collo): ma… non avevi detto che dormiva?

io: sì… era stanchissimo, ma appena l’ho messo a letto si è svegliato…
Gian Burrasca (continuando a saltellargli intorno): vieni a giocare papà?

Lui: mi cambio e arrivo!

io: guarda che gli ho lasciato addosso il pigiamino…
Gian Burrasca (trotterellandogli dietro): sì… ho ancora il pigiama!
Lui: ah… va bene!



ORE 19:30



Lui (intento a versare crostini di pane nella minestra di verdure del piccolo): …e mi raccomando… non si mangiano solo le palline! Si mangia la minestra con le palline!

io (cercando di forzarmi a mangiare le radici che ho nel piatto): …
Gian Burrasca (iniziando a pasticciare col cucchiaio): ma non mi piace la minestra!
Lui (provando a dargliene un boccone): ma se è buonissima!
io (asciugando delle gocce della stessa finite sulla tovaglietta): tesoro… fai attenzione! Hai addosso il pigiamino pulito!

Gian Burrasca (scegliendo con cura i crostini e scansando la verzura): va bene…



ORE 20:00



Lui (accovacciato sul tappeto con l’i-Pad davanti): allora… da cosa vuoi vestirti a carnevale?

Gian Burrasca (dopo averci riflettuto un attimo): …da Ben 10!

io (osservandolo): tesoro… ti ho già detto che il costume da Ben 10 è una specie di pigiama verde e bianco… come quello che hai addosso…
Lui (esplorando la rete): dai che ne cerchiamo un altro…

Gian Burrasca (esplodendo dall’entusiasmo): allora da ZOMBIII!!!

io: …

ORE 20:30

Lui (guardando l’orologio): cucciolino… è ora di prepararsi per la nanna!

Gian Burrasca (piantando il muso): ma io non ho sonno!

io (intenta a sistemare i piatti in lavastoviglie): ma se prima non ti reggevi neppure in piedi!

Lui (accondiscendente): dai andiamo a prepararci e poi puoi stare un altro pochino in piedi…

Gian Burrasca (ostinato): NO! Ancora un pochino!
io (provando a convincerlo): dai cucciolo… sarai velocissimo… devi solo lavare i denti, perché il pigiamino ce l’hai già addosso!
Lui (che si è già arreso): …

Gian Burrasca (irremovibile): NO!
io: …

ORE 21:00



Lui (alzandosi dal pavimento): su adesso, che è già tardi!
Gian Burrasca (trascinandosi verso il bagno): va bene…
io (assorta nella pulizia della cucina): ricordati che devi solo lavargli i denti… il pigiama ce l’ha già…

ORE 21:05

Lui (facendo capolino nel soggiorno con Gian Burrasca in mutande che gli trotterella dietro): scusa… dove hai detto che è il pigiama?

io: …

Wikibaby

POMERIGGIO, ORE 18:30

Gian Burrasca è steso sul tappeto intento a “leggere” il suo libro preferito sui pirati.
Io sono mollemente adagiata sul divano a leggere le mie e-mail.

Gian Burrasca (avvicinandosi silenziosamente a me): …
io (continuando nella mia lettura): …
Gian Burrasca (piazzandosi dietro la mia spalla in modalità “avvoltoio”): …
io (fingendo di ignorarlo): …
Gian Burrasca (spalmandosi sulla spalliera del divano e iniziando a respirarmi nell’orecchio): …
io (girandomi verso di lui, naso a naso, occhi negli occhi): ?
Gian Burrasca (sorridendomi contento di essere riuscito nel suo intento di attirare la mia attenzione): mamma… posso Aipad?
io (spostandomi leggermente in modo da farlo sedere in una posizione più civile): va bene…
Gian Burrasca (scivolando tipo serpente dalla spalliera alla seduta e avvinghiandosi a me): :)))
io (chiudendo la mail): tieni cucciolo…
Gian Burrasca (tornando sull’icona Mail): …
io (scrostandomelo di dosso e alzandomi per andare a fare un caffè): no tesoro… lascia stare le mail… quelle sono cose che non ti competono!
Gian Burrasca (chiudendo Mail e spostandosi sull’icona Safari): …
io (guardandolo con aria intimidatoria): no tesoro! Neppure Internet ti riguarda! Limitati ai giochi! Siamo d’accordo?
Gian Burrasca (chiudendo Safari e spostandosi sulle App di gioco): va bene mamma…

Dopo aver controllato che abbia davvero aperto un gioco, mi traslo in cucina per preparare il caffè. Dopo qualche minuto, un silenzio preoccupante fa nascere in me un sospetto.

io (affacciandomi dalla cucina): tesoro… che combini?
Gian Burrasca (mollando l’i-Pad come fosse incandescente e correndo verso la sua stanza con aria colpevole): …
io (andando verso il divano): ma che…
i-Pad: Wikipedia —> Stai creando “ksjdhk skjdhf slkdjfklsj”
io: !!!

Next level

POMERIGGIO, ORE 18:00

Dopo un turbolento pomeriggio trascorso tra gare di macchinine, scontri, corse a cavallo del suo furgoncino, salti sul letto e ginnastica a suon di musica, io e Gian Burrasca sprofondiamo, stanchi e felici, tra i cuscini del divano. Lui si impossessa immediatamente dell’i-Pad.

Gian Burrasca (passando il ditino sullo schermo): mamma?
io (conoscendo già l’argomento della domanda): sì tesoro?
Gian Burrasca (avvicinandomisi in cerca dell’abbraccio): facciamo un gioco?
io (stringendolo a me): va bene. Quale vuoi fare?
Gian Burrasca (scegliendo Ragdoll Blaster): quello coi pupazzetti…
io (prendendo l’i-Pad e dando avvio al gioco): ok…

Per un po’ andiamo speditamente avanti nel gioco. Ad essere più precisi, lui gioca con grande abilità e io mi limito a guardarlo e ad applaudire i suoi successi. A un certo punto, però, uno dei livelli sembra metterlo in difficoltà.

Gian Burrasca (restituendomi l’i-Pad): mamma? Mi aiuti?
io (prendendo l’oggetto tra le mani): …
Gian Burrasca (osservandomi attentamente mentre ricarico il livello e inizio a sparare pupazzetti alla rinfusa): …
io (cercando di capire come fare a raggiungere il bersaglio): …
Gian Burrasca (continuando a studiare il gioco): …
io (tentando in tutti i modi di comprenderne il complicato meccanismo): …
Gian Burrasca (aggrottando pensieroso la fronte): …
io (iniziando ad innervosirmi): …!!!…

Dopo svariati, inutili tentativi, chiedo a Gian Burrasca una pausa per placare le mie ire. Il piccolo si impadronisce nuovamente dell’i-Pad e ricarica il gioco. Io sparisco in cucina a prepararmi un caffè. Dopo qualche secondo…

Gian Burrasca (dalla sua postazione): MAAAMMAAA!!!
io (ancora col cucchiaino in mano): dimmi tesoro…
Gian Burrasca (con voce allegra): VIEEENIII!!!
io (avvitando la moka): arrivo… un attimo!
Gian Burrasca (insistendo): VIENI PRESTOOO!!!
io (accendendo la Alicia e correndo poi in soggiorno): eccomi… che succede?
Gian Burrasca (mostrandomi orgoglioso l’i-Pad): guarda… livello superato!!!
io: …

Play!

POMERIGGIO, ORE 18:00

Dopo aver fatto una lunga passeggiata in città, io e Gian Burrasca torniamo esausti a casa. Dopo aver lottato con lui per qualche minuto per riuscire a cambiarlo, essermi rinfrescata, aver indossato la tuta da casa, aver messo ordine tra i vestiti e aver riposto la spesa, finalmente crollo sul divano. Gian Burrasca è già lì che armeggia con l’i-Pad.

Gian Burrasca (sfogliando tra le schermate dell’i-Pad): mamma?
io (muovendomi impercettibilmente in modalità “bradipo stanco”): sì tesoro?
Gian Burrasca (scegliendo un’icona e cliccandoci sopra): fai un gioco con me?
io (sospirando mestamente): …va bene. Scegline uno.
Gian Burrasca (avvinghiandosi a me come un koala al suo albero preferito): questo!
io (guardando controvoglia lo schermo): ma tesoro… quello è difficile! Scegline uno un po’ più semplice!
Gian Burrasca (aspettando pazientemente che l’App si apra e cliccando quindi su “Play”): MANNOOO MAMMAAA!!! Non è difficile!
io (cliccando a casaccio sulla schermata e riuscendo a far comparire la dicitura “Failed!” nel giro di pochi secondi): vedi amore? È difficile! La mamma non sa farlo! A dire il vero non ho neppure la benché minima idea di COSA si debba fare!
Gian Burrasca (riappropriandosi dell’i-Pad e guardandomi con aria compassionevole): ma mamma… ti insegno io!
io (replicando con un’occhiata vagamente ironica): …
Gian Burrasca (cliccando qua e là con precisione e cognizione di causa): …
io (osservandolo con attenzione): …
Gian Burrasca (arrivando in breve alla vittoria e mostrandomi orgoglioso il risultato): ecco mamma! Hai visto coNe si fa?
io: !!!

Decostruttivismo

POMERIGGIO, ORE 17:30

Dopo aver preso Gian Burrasca dall’asilo e averlo ammansito offrendogli una fetta di torta con yogurt e frutta fresca, mi incammino per la città per dare un’occhiata alle vetrine. Dopo aver passeggiato per un po’, mi infilo in uno dei miei negozi preferiti, pieno di abiti strani, insoliti e coloratissimi. Dopo aver rovistato per un po’ tra gli stand, sono attratta da un capo in particolare. Lo prendo dalla gruccia e inizio a guardarlo con aria perplessa.

commessa (accorrendo premurosa verso di me): ha bisogno signora?
io (continuando a rigirarmi il vestito tra le mani con aria inquisitoria): no… ehm… davo solo un’occhiata… Mi scusi ma… come si mette questo???
commessa (sorridendomi comprensiva): AAAAAH! Quello è un abito decostruito!
io (DECOSTRUITO???): …

…Déjà vu…

QUALCHE ANNO FA, IN UN’ALTRA CITTÀ

Io e mia madre siamo in giro per la città per dare un’occhiata alle offerte di stagione. Ci fermiamo davanti alla vetrina di un negozio dal nome sofisticato ed altisonante, “Apres Paris”, per soppesarla con malcelato scetticismo: sembra infatti che all’interno vi sia esplosa una bomba contenente vecchie scarpe, borse malconce di inizio secolo, vestiti cenciosi e stropicciati, maglioni infeltriti, giacche e cappotti che sembrano usciti da qualche armadio del nonno. Il tutto è sparpagliato in una stanza che sembra avere urgente bisogno di un’energica pulita e di un’accurata ristrutturazione, e inframmezzato a pezzi di manichini rovesciati su un impiantito di mattoni rotti. Perplesse, decidiamo di dare un’occhiata all’interno…

commessa (accorrendo premurosa): buongiorno. Potreste darmi il vostro invito?
io (guardandomi intorno incuriosita): ah… mi scusi… non sapevamo ci fosse una sfilata…
commessa: no… non c’è nessuna sfilata…
io: ehm… vernissage?
commessa: no…
io: …evento privato?
commessa: …no…
io (sempre più confusa): …?…
commessa: è solo che per entrare qui ci vuole un invito…
io (imbarazzata): oh… mi spiace… pensavamo fosse un negozio!
commessa: questo È un negozio!
io (basita): …!!!…
commessa (con atteggiamento preoccupato): ma… come avete fatto a entrare?
io (additando l’ingresso): ehm… dalla porta? Era aperta…
commessa (ormai angosciata): oh cielo! Deve essere rimasta aperta!!!
io (avviandomi verso l’uscita): beh… allora… noi andiamo…
commessa (guardandosi intorno con fare complice): no no… restate pure… ormai…

“Onorate” dall’essere state ammesse in “‘sì esclusivo loco”, iniziamo a gironzolare per l’ampio spazio, con la ragazza praticamente incollata alle calcagna. Il negozio sembra la versione grande della vetrina: un tetro open space disseminato di abiti a metà tra il residuato bellico e il riciclo post atomico. Ogni volta che ci azzardiamo ad avvicinarci un po’ troppo agli oggetti in esposizione, poi, inneschiamo nella commessa una reazione di tale tormento psico-fisico da scoraggiare qualunque ulteriore tentativo. Vengo, però, attratta da un abito in maglia, con due cappelli a cuffia al posto delle maniche, indosso ad un manichino:

commessa (scapicollandosi verso di me): mi dica…
io (limitandomi ad indicare l’oggetto del mio interesse da una distanza di “sicurezza”): ehm… è possibile vedere quello?
commessa (osservando prima me, poi il vestito): …vuole comperarlo?
io (interdetta): ehm… beh… magari prima vorrei provarlo…
commessa (guardandomi come se avessi appena proferito un’eresia): provarlo? Devo chiedere…
io: …

La commessa scompare per un po’. Al ritorno ha l’espressione di chi ha appena vinto una battaglia.

commessa (sorridendomi orgogliosa): mi hanno concesso di smantellare l’installazione!
io (considerando con aria attonita il manichino di fronte ai miei occhi): !!!

Dopo aver sfilato l’abito dal suo supporto con la cautela di un chimico alle prese con della nitroglicerina, me lo passa. Io, temendo di vedermelo esplodere da un momento all’altro tra le braccia, scompaio in un camerino. Finalmente rilassata, inizio a trattarlo come… ehm… un vestito! Lo indosso, e subito percepisco sulla pelle un fastidiosissimo prurito. Osservando l’etichetta della composizione, mi rendo conto che è praticamente di puro acrilico. Cerco poi il prezzo, ma nulla… non ve n’è traccia! Mentre sono ancora intenta nella suddetta operazione, odo la voce allarmata della ragazza al di là della tenda.

commessa: tutto bene?
io (uscendo dallo spogliatoio): sì… ma… non è di lana…
commessa (strabuzzando gli occhi): nooo! È di un nuovo stilista giapponese!
io (sentendomi partecipe di una conversazione degna di Eugène Ionesco): …?…
commessa (accarezzandolo come fosse un’opera d’arte): lui non lavora con materiali naturali…
io (che intanto sto valutando l’ipotesi di prenderlo comunque perché adoro le maniche a cappellino): capisco… E… il prezzo?
commessa: beh… è in saldo al 50%… quindi… 990 euro!
io (non riuscendo a celare il mio palese sconcerto): !!!
commessa (manifestando tutta la sua disapprovazione per la mia espressione stupita): beh… ma è un abito DESTRUTTURATO!!!
io: …

Qui Hogwarts

POMERIGGIO, ORE 16:00

Sono all’asilo per prendere Gian Burrasca. Mentre cerco di bloccare una sua corsa scalmanata per infilargli la felpina, la maestra mi fa cenno di aspettare perché vuole parlarmi. Nell’attesa finisco di prepararlo per uscire.
Quando finalmente tutti sono andati via, la maestra si avvicina a noi. Gian Burrasca sembra preoccupato.

Gian Burrasca (tentando di sgattaiolare): …
maestra: allora… cos’è che devi dire alla mamma?
io:?
Gian Burrasca (ostentando indifferenza): …
maestra (accucciandosi accanto a noi): …allora?
io: tesoro?
Gian Burrasca (nascondendo la bocca nella sciarpa): …hgajhsgd hsgjah shjakjhd…
maestra (guardandolo con aria di rimprovero): beh?
io (cercando di decifrare parole inintellegibili): eeeh?
Gian Burrasca (provando ancora a sfuggire alla mia presa): …niente…
maestra: come niente?!?
io: tesoro? Allora! Mi racconti?
Gian Burrasca (piantando il muso): …no!
maestra: va bene… allora lo racconto io alla mamma…
io (guardando Gian Burrasca dritto negli occhi): ???
Gian Burrasca (preoccupatissimo): …mamma?
maestra: allora…
io: …
Gian Burrasca (consapevole dell’ineluttabilità del suo destino, ma deciso a fare un ultimo tentativo): …mamma… andiamo via da questa scuola STREGATA!!!
maestra: !!!
io: !!!

P.S.: si dice che la mela non cada mai troppo lontano dall’albero…
Tra i 5 e i 7 anni frequentai, nella mia città natale, una scuola gestita da suore. Non nutrendo nei loro riguardi una grande simpatia, convinsi tutte le mie compagne che le suore erano in realtà delle streghe. E costruii, a comprova delle mie affermazioni, una realtà alternativa edificata sulle fondamenta della quotidianità che ci circondava. Fu così che il giardino in cui giocavamo all’intervallo si trasformò nel luogo nel quale il sabato notte venivano organizzati i sabba, il ripostiglio del giardiniere in un ascensore per raggiungere gli Inferi, il laboratorio di scienze la cui vetrata affacciava sul parco nel luogo in cui esse praticavano la magia nera -e tutto ciò che la stanza conteneva non faceva che avvalorare la mia tesi-; ai piani superiori poi, che ci erano interdetti, erano celate celle e luoghi di tortura, i lunghi abiti servivano a celare mostruose fattezze e i veli capelli da Gorgoni, ecc.
P.P.S.: …non mi è dato sapere come simili cognizioni fossero, in così tenera età, in mio possesso. Ma da grande divoratrice di libri di ogni tipo quale sono sempre stata, ho il sospetto di aver letto di nascosto qualche vecchio, strano libro in qualche antica, oscura biblioteca…

Scarpe!

Premessa: sono una donna. E in quanto donna sono geneticamente e prepotentemente affascinata dalle scarpe. È una sorta di versione fashion del cartesiano “Cogito ergo sum”: sono donna, ergo amo le scarpe!
Amarle non vuol dire avere l’irrefrenabile necessità di possederle. Significa semplicemente avere l’incontenibile impulso di guardarle nel momento in cui si passa davanti ad una vetrina che le espone.

MATTINA, ORE 10:30

È sabato, ed io, Lui e Gian Burrasca siamo in procinto di uscire.
Dopo essersi infilato le scarpe, il piccolo corre dal padre.

Gian Burrasca (mostrandogli orgoglioso le scarpette): guarda papà! Ti piacciono le mie scarpe nuove?
Lui (osservando scetticamente il figlio): ?
io (correndogli dietro per infilargli la giacca): tesoro… non sono nuove… è da un po’ che le abbiamo comperate.
Gian Burrasca (continuando imperterrito a sollevare il piedino): sono belle, vero?
Lui (ignorandolo): …
io (accarezzandogli la testa comprensiva): bellissime tesoro!

Finalmente usciamo e ci incamminiamo per il centro cittadino.
Arrivati in prossimità di un negozio, Gian Burrasca corre verso la vetrina.

Gian Burrasca (puntando sorridente il ditino verso la vetrina): …SCARPE!!!
Lui (scrutandolo con curiosità): ?
io (andando a recuperarlo): ehm… andiamo tesoro…

Dopo qualche metro, altro stop.

Gian Burrasca (schiacciando mani e naso contro un vetro): …scarpe!
Lui (fissandolo con preoccupato interesse): ???
io (staccandolo dal suo appiglio): ehm… niente scarpe per oggi, tesoro…

Ancora più avanti, il piccolo si ferma di nuovo.

Gian Burrasca (avanzando cauto verso un negozio): …scarpe…
Lui (sollevando un sopracciglio con velata diffidenza): !
io (bloccandolo prima che raggiunga la sua meta): …ehm… vieni cucciolo?

Altro pezzo di strada. Altra fermata.

Gian Burrasca (continuando a tenermi la mano e indicando l’oggetto del suo interesse): …scarpe?
Lui (manifestando i primi sintomi di fastidio): !!!
io (ostentando indifferenza): …

Ancora…

Gian Burrasca (limitandosi a lanciare una lunga occhiata ad un’altra vetrina): …
Lui (fermandosi improvvisamente e squadrandomi con aria di rimprovero): …ma si può sapere cosa gli hai fatto???
io: …

Questione di ruoli 4

MATTINA, ORE 11:00

Io e Gian Burrasca siamo stesi sul tappeto a giocare con le macchinine.

Gian Burrasca (facendo scontrare due automobiline): WROOOOOMMM MAAAAAM CRASH!!!
io (facendo correre sul tappeto un piccolo mezzo di soccorso): NI-NO NI-NO NI-NO! Soccorso in arrivooo! Portiamo le macchinine dal meccanico!
Gian Burrasca (capovolgendo le auto): sì! Questa macchinina è rotta… bisogna curala! Portiamola dal dottore!!!
io (trasformandomi in un mecca-medico e armandomi di cacciavite e chiave inglese): eccomi! La guarisco subito!
Gian Burrasca (osservandomi mentre armeggio intorno al suo giocattolo): …
io (intenta a simulare un’azione a metà tra l’operazione chirurgica e la riparazione meccanica): …
Gian Burrasca (guardandomi attentamente negli occhi): …tu sei la mia mamma?
io: …certo cucciolo!
Gian Burrasca (continuando a fissarmi con espressione seria): …ma sei anche la mia amica?
io (presa in contropiede): …ehm… beh… certo! Sono anche la tua amica!
Gian Burrasca (riflettendo qualche secondo tra sé e sé): …mamma?
io: dimmi amore…
Gian Burrasca (gettandomi le breccia al collo): …TU SEI LA MIA MIGLIORE AMICA!!!
io: :)))

Questione di “ruoli”

MATTINA, ORE 7:00

Dopo aver sbrigato le solite incombenze del mattino, vado a svegliare Gian Burrasca.

io (aprendo le sarrande e spegnendo le lucine della notte): tesoro… è ora di alzarsi.
Gian Burrasca (muovendosi appena, ancora mezzo addormentato): …
io (prendendolo in braccio): su amore… vieni dalla mamma… andiamo a preparere il latte.
Gian Burrasca (facendosi tirare su in modalità “sacco di patate”): ma perché mi hai svegliato? È ancora notte!
io (avviandomi lungo il corridoio): no cucciolo… non è notte… è giorno. Solo che in questo periodo il sole sorge più tardi.
Gian Burrasca (abbandonandosi mollemente sulla mia spalla): aaaaah! Ho capito!

Passando davanti alla nostra camera da letto, mi accorgo che il piccolo lancia un’occhiata risentita verso il buio, nel quale suo papà si gode l’ultima mezz’ora di sonno.

Gian Burrasca (bisbigliando nel mio orecchio): mamma?
io: sì tesoro?
Gian Burrasca (puntando il ditino verso la stanza): ma perché papà può dormire sempre così tanto?
io: !!!